Dalla Brianza più verde alla tavola di tutti i giorni

Dalla Brianza più verde alla tavola di tutti i giorni – Introduzione

Dalla Brianza più verde alla tavola di tutti i giorni – Erbe

Dalla Brianza più verde alla tavola di tutti i giorni – Frutti

Il lavoro qui proposto (2010) per il download gratuito è in parte simile a quello che tratta del Parco della Brughiera Briantea. Modificate le indicazioni di contesto, trattandosi qui peraltro di un territorio più ampio, la struttura è la stessa e più o meno le stesse sono le specie proposte. Sono disponibili tuttavia nuove ricette perché la riduzione del layout  è stata operata su parti diverse. L’edizione pronta per la stampa dispone invece di significative modifiche e ampliamenti, sia per quanto riguarda l’inclusione di nuove specie fra quelle con le schede complete, il cui numero viene ampliato ad altre piante tradizionali (es.: aglio ursino, centocchio comune, farinaccio, ecc. ), che per quanto riguarda nuove piante elencate nella sezione con scheda ridotta. Per eventuali  approfondimenti i visitatori possono sempre cercare in altre sezioni o utilizzare i contatti del sito.

A differenza della tradizione di certe vallate prealpine e di altre aree della bassa pianura lombarda, dove oggi non mancano perfino le sagre e le rassegne gastronomiche dedicate alle erbe, il consumo di vegetali spontanei  – come detto anche per il Parco della Brughiera – non è in verità un punto forte della più recente tradizione gastronomica dell’area milanese e brianzola.

Nella tradizione alimentare di altri parti della regione lombarda il consumo di certi alimenti, seppure in forma residuale, non ha avuto soluzione di continuità. In area milanese e brianzola invece, pur investigando in modo non sommario nella letteratura culinaria dell’ultimo secolo, l’apporto delle erbe spontanee non pare andare al di là di alcune varietà di asteraceae amare, a volte genericamente definite “cicoria dei prati”, di “verzitt” (o “verzett”), la Silene vulgaris, di foglie di ortica per arricchire zuppe e minestre o di qualche aromatica spontanea, come l’erba cipollina o l’aglio ursino. Pressoché inesistente è l’utilizzo in cucina dei frutti selvatici, anche se l’abitudine di consumarne di freschi c’è ancora, come residuo del tempo andato.

Sulla scarsità dell’uso di erbe e frutti spontanei nella cucina brianzola e milanese in un passato meno recente non ci giurereremmo però. La produzione letteraria intorno alla gastronomia “locale”, milanese in senso lato, o lariana, con qualche eccezione, è infatti troppo recente, mentre è invece precoce da queste parti – eccezion fatta per i più difficili periodi delle ultime guerre – la liberazione dal bisogno quotidiano di mettere nel piatto qualcosa. È noto che qui i contadini si sono fatti nel giro di poche generazioni operai e artigiani e poi  anche imprenditori, con buon anticipo rispetto ad altre zone d’Italia e di altre aree della stessa Lombardia. La combinazione dei due fattori può avere contribuito presto all’abbandono di certe usanze alimentari.

Le generazioni oggi più anziane, fonti orali sempre preziose per la ricostruzione di una storia del Novecento più attenta al vissuto quotidiano, sono spesso anche troppo giovani per avere memoria della società contadina. In assenza di prove certe non azzardiamo alcuna ipotesi, anche se ci vuole poco a immaginare che l’utilizzo di certi alimenti deve essere progressivamente scemato anche daa queste parti man mano che il piatto si faceva più pieno. Come si può leggere, per la Torino industriale del primo Novecento, nella Phytoalimurgia pedemontana del Mattirolo.

I brianzoli amano comunque sempre di più frequentare le campagne sopravvissute al processo di devastante cementificazione degli ultimi cinquant’anni e che hanno oggi più di ieri una grande importanza per le città. Boschi e prati, oggi spesso tutelati tramite numerosi parchi regionali o di interesse sovraccomunale, che sono ciò che rimane delle selve altomedievali dalle quali nel corso dei secoli passati (e fino all’ultima guerra) le popolazioni locali hanno ricavato di che sopravvivere, per scaldarsi e nutrirsi. La maggior parte delle erbe utili sotto l’aspetto culinario e gastronomico, come sempre, si trova nei prati incolti e nelle aree più prossime alla presenza umana – ma anche altri ambienti offrono interessanti opportunità, soprattutto per le specie arboree e arbustive – e questo lavoro invita soprattutto a praticarli con un occhio diverso.