Il luppolo (Humulus lupulus) cresce in abbondanza dalle mie parti in Brianza, lungo le siepi, negli incolti e ai margini dei boschi. Si consumano i germogli apicali, che noi chiamiamo lovertìs o luartìs, ma molti miei conoscenti li chiamano con i nomi dialettali delle regioni di provenienza. Tutti li raccolgono, alcune volte in notevoli quantità, perché sono tra le piante spontanee più conosciute e consumate, soprattutto nelle regioni settentrionali del nostro Paese. Alcuni li chiamano “asparagi selvatici” o “asparagi di bosco”. In realtà i luppoli si attorcigliano dappertutto e sembrano piccole liane. I germogli primaverili sono molto ambiti dai raccoglitori perché si prestano per diversi utilizzi in cucina: dalle frittate ai contorni, dalle minestre ai ripieni di torte salate e tortelli. La mia preparazione preferita resta però il risotto, molto probabilmente perché lo preparava in maniera davvero eccellente la mia amatissima nonna materna. E’ una preparazione molto semplice, la parte più impegnativa, si fa per dire, è la raccolta dei germogli di luppolo, non perché sia particolarmente laboriosa, anzi, ma perché la concorrenza degli altri raccoglitori qui è davvero spietata.
Ingredienti:
- 350 g di germogli di luppolo,
- 300 g di riso per risotti (preferibilmente carnaroli o vialone nano),
- uno scalogno oppure una cipolla bianca,
- 1,5 l di brodo vegetale,
- una noce di burro,
- olio evo q. b.,
- sale q. b.,
- pepe bianco q. b.,
- parmigiano grattugiato (facoltativo).
Pulite i germogli di luppolo. In un tegame fate soffriggere in un poco di olio evo insieme al luppolo lo scalogno, oppure la cipolla, tagliata finemente. Aggiungete il riso e fatelo tostare. Versate un poco per volta il brodo vegetale e portate a cottura il risotto, regolando di sale se occorre. A fine cottura fate mantecare il risotto con una noce di burro. Personalmente non aggiungo il parmigiano per gustare appieno il delicato sapore dei germogli, invece la mia amata nonna lo metteva sempre. Insaporite con pepe bianco macinato al momento e portate in tavola ben caldo.
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